Il rapporto tra tecnologia e creazione

Nel pensiero musicale degli ultimi decenni, in particolare nel campo della musica elettronica, si è presentato spesso l'equivoco di confondere i mezzi con il fine, gli espedienti con il messaggio, il materiale tecnologico con i contenuti, il significante col significato tanto nella musica quanto delle altre arti.

A caratterizzare questi ultimi anni è stato uno squilibrio tra l'importanza data alla componente meramente tecnologica, (cioè la potenza di calcolo degli strumenti e delle apparecchiature elettroniche), e quella data alla componente sensibile, (cioè a quanto effettivamente percepisce, decodifica e fruisce l'ascoltatore).

Il livello di un prodotto musicale è stato spesso valutato solo in base alle novità tecnologiche introdotte nella sua realizzazione e sono state tralasciate o poste in secondo piano la qualità musicale oggettiva e l'impostazione estetica.

D'altra parte la stesso equivoco è ricorso, non solo nella musica, ma anche in altri campi dello spettacolo, come ad esempio nel cinema con Jurassic Park, film di Spielberg. Questo film, se effettivamente introduce un realismo sconvolgente negli effetti speciali, e merita quindi forse giustamente un posto rilevante nella storia del cinema, lascia in ombra molti dei contenuti presenti nel libro di Crichton da cui il film è stato tratto. Ad ogni modo il film rimane ad un livello dignitoso, perché, se è vera l'ipotesi proposta da qualche regista scondo cui il cinema deve essere principalmente spettacolo e spettacolaritá, bisogna riconoscere che effettivamente Jurassic Park mantiene questa promessa a livello popolare. É chiaro che un film basato esclusivamente sugli effetti speciali si regge esclusivamente sulla novità che tali effetti forniscono. Non si potrà pretendere lo stesso successo per un filone di nuovi film utilizzanti lo stesso tipo di effetti: il pubblico si abitua rapidamente alle novità, e se non ci sono dei contenuti che vanno oltre la tecnologia impiegata, si avrà ben presto, dopo un breve periodo di inerzia caratterizzato dalla moda, un fenomeno di saturazione e rigetto.

La stessa cosa è avvenuta per la musica elettronica. I primi brani di musica concreta ed elettronica degli anni '50 potevano veramente apparire alle orecchie degli ascoltatori come rivoluzionari, ed effettivamente lo erano. Ma oggi, di questi brani è possibile un ascoltare con piacere solo quelli il cui contenuto musicale effettivamente trascende il mezzo tecnologico col quale furono creati (peraltro assai povero se ascoltato con le orecchie di oggi).

A mio giudizio l'attenzione di un musicista dovrebbe essere rivolta principalmente alla risultante acustica e all'espressività tipica e caratteristica di un determinato mezzo.

Un problema analogo a quello inerente il mezzo tecnologico del quale cui si é discusso finora, si è verificato non solo nella musica elettronica ma in tutta la musica contemporanea, e riguarda la struttura di un brano. Il fattore che fino ad oggi è stato considerato principale nella valutazione qualitativa di una composizione è stato appunto la struttura.

Ma la struttura di un pezzo di musica, vista sulla carta, può trarre facilmente in inganno circa la vera qualità musicale: un brano dalla struttura anche molto semplice può essere sublime, mentre un altro con struttura complessa e articolata può comunque risultare sgradevole e privo di valore musicale all’ascolto.

La complessità strutturale non garantisce assolutamente la qualità oggettiva di una musica.

Un buon brano musicale dovrebbe essere autosufficiente, cioè dovrebbe essere pienamente fruibile indipendentemente da un analisi fatta sulla carta e a posteriori rispetto al momento dell'ascolto.

A mio giudizio é stata spesso trascurata quella parte della musica indefinibile verbalmente e inaccessibile al pensiero logico-deduttivo. Questa parte indefinibile costituisce la sostanza ultima, la vera essenza e il vero significato della musica.

La struttura non è la musica, bensí un mezzo, seppure molto potente; è uno strumento utile per pianificare lo svolgimento degli eventi musicali e conferire un certo equilibrio all'insieme di eventi sonori di cui é composto un brano musicale. La struttura non deve essere considerata la sostanza di un'opera, ma un espediente, una strategia per controllare ció che é difficile da tenere sotto controllo in altro modo, a causa dei limiti della nostra memoria. Confondere la struttura con la musica vuol dire confondere il significante col significato.

Il termine "logocentrismo" sta ad indicare appunto la confusione del significante col significato.

Quando si parla di significante e di significato, il discorso si fa enormemente complesso, perché nella musica si possono avere diversi parametri significanti che assumono importanza differente a seconda della cultura musicale, del periodo e del genere a cui si riferiscono; inoltre si possono avere diversi significati e diverse funzioni anche paralleli e coesistenti.

Occorre liberare la musica elettronica dal logocentrismo tecnologico e progettuale.

Ora passiamo ad un altro argomento, e cioé a quanto un mezzo potente come il computer possa soddisfare le esigenze compositive deli compositori contemporanei.

Il computer è un mezzo che ha la peculiarità di non avere peculiarità, e che quindi dovrebbe in teoria assecondare le più sottili e personali esigenze compositive a priori.

In realtà questa qualitá rimane a tutt'oggi un'utopia per un duplice motivo:

  1. perché in qualche modo il compositore dipende dall'impostazione di chi per lui ha creato l'hardware e il software, e quindi la composizione ne risulta comunque influenzata ad un livello non trascurabile. Questo, comunque, non necessariamente deve essere visto come negativo, dal momento che quasi tutti gli strumenti musicali tradizionali hanno avuto un inventore antecedente al musicista che li ha usati; anzi potrebbe essere un'ulteriore occasione di simbiosi tra due entità creative: oltre al binomio tradizionale di compositore e interprete si introduce così quello di compositore e liutaio inventore di strumenti;
  2. il secondo motivo è abbastanza sottile: anche ammesso che lo stesso compositore abbia le capacità, il tempo e i mezzi tecnologici per costruirsi l'hardware e programmarsi il software, occorreranno comunque anni di pratica e di sperimentazione per riconoscere e sfruttare a fondo tutte le possibilità espressive anche di un singolo timbro o formula sonora da lui creata, come d'altra parte succede con gli strumenti tradizionali.

Quindi il compositore non potrà avere a priori una piena coscienza sensibile del mezzo: benché egli possa sentire l'esigenza di qualcosa che immagina ma che ancora non conosce, non potrà mai utilizzarla al pieno delle potenzialità se non dopo un periodo più o meno lungo di sperimentazione. Al termine di questo periodo, non è detto però che il materiale da lui progettato soddisfi le sue predizioni e aspettative.

Esigenze compositive preesistenti possono dunque non essere soddisfatte da un mezzo "totale" come il computer.

Viceversa le esigenze possono nascere dal contatto stesso col materiale sonoro che il computer produce durante la sperimentazione. Tali esigenze possono essere soddisfatte in quanto nate a posteriori dall'interazione dell'uomo con la macchina.

L'inserimento dell'interazione dal vivo con il computer ha un doppio vantaggio: oltre a produrre una forza rigeneratrice degli eventi musicali, che non rimarranno mai identici a se stessi nelle diverse esecuzioni, permette anche di creare esigenze compositive perfettamente aderenti al mezzo elettronico scelto dal compositore, oltre a perpetuare la performance dal vivo, con tutto il magnetismo e suggestività che crea nel pubblico, cosa che si era persa nella musica elettronica per nastro magnetico solo.

Gabriel Maldonado